Aiuti di Stato: cosa è cambiato con il covid?

Il concetto di aiuto di stato

Il concetto di aiuto di Stato è un concetto comprensivo, ovvero in esso si comprende ogni vantaggio economicamente apprezzabile attribuito ad un’impresa attraverso un intervento pubblico, vantaggio che altrimenti non si sarebbe realizzato. 

L’aiuto di Stato che viene erogato  alle imprese non si sostanzia solo nel conferimento di fondi in quanto un aiuto statale può essere considerato tale attraverso la predisposizione di diverse misure statali. La sovvenzione è sicuramente una forma di aiuto statale  ma non è l’unica, gli aiuti di stato possono essere realizzati anche attraverso la creazione di una legge favorevole a determinate imprese. Quindi, disegnare una normativa ad hoc che agevola delle imprese a scapito di altre può essere considerata anche questa una forma di aiuto. 

 La nozione di aiuto quindi è molto più ampia  rispetto alla nozione di sovvenzione, intendendosi per quest’ultima un sostegno economico, erogato a fondo perduto o come prestito agevolato, a persona o ente per contribuire alla sua attività o per finanziare iniziative.  

Nella sentenza del 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke steenkolenmijen in Limburg c. Alta Autorità la Corte di Giustizia dell’Unione Europeaanalizzando il concetto di sovvenzione,  ai sensi dell’allora Trattato CECA, affermava che: 

«il concetto di aiuto è tuttavia più comprensivo di quello di sovvenzione dato che esso vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa durata e producono identici effetti. Poiché queste definizioni non sono contenute nel Trattato, esse possono essere accettate soltanto a condizione che altre disposizioni del Trattato o gli scopi da questo perseguiti ne confermino il contenuto».

Una riduzione di costi, un’agevolazione fiscale, uno sgravio di oneri sociali o di tassi d’interesse, un’agevolazione che solleva i normali oneri che gravano sul bilancio, una tariffa preferenziale, una garanzia statale, la partecipazione al capitale di una società, l’acquisto di beni o servizi non necessari, la cessione di terreni a prezzi preferenziali sono esempi di misure che, indipendentemente dalla loro forma, producono l’effetto economico di attribuire artificialmente un vantaggio a determinate imprese, alterando così le condizioni della concorrenza. Non rientrano nella nozione di aiuto solo quelle misure che hanno un carattere e una portata generale ovvero che non favoriscano specificatamente determinate imprese o produzioni.

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Perseverance: alla scoperta del pianeta rosso

La NASA’s Perseverance Mars Rover è atterrata con successo sul pianeta rosso dopo un viaggio di quasi sette mesi.

Perseverance Mars Rover è atterrato su una zona che non è mai stata esplorata, una zona ricca di scogli e dune. Perseverance, che ha la taglia di un Suv, è stato dotato per la prima volta di un innovativo sistema di riconoscimento intelligente del terreno e se rileverà negli ultimi metri una superficie rischiosa si trasferirà in un’altra sicura.

Il cratere Jezero, il sito di atterraggio del rover Mars 2020 Perseverance, ha origine dall’impatto di una meteora sulla superficie di Marte, ha un diametro di 47.500 metri, un tempo occupato dal delta di un antico fiume. Prende il nome dalla località di Jezero  in Bosnia – Erzegovina, con la quale ha alcune similitudini morfologiche.

L’obiettivo principale del rover Perseverance è quello di scoprire se su Marte ci siano state forme di vita, fossilizzata ovviamente perché in superficie nulla può sopravvivere a causa delle radiazioni cosmiche che piovono di continuo sulla superficie, sterilizzandola. Nelle passate spedizioni invece l’obiettivo era indagare l’esistenza di un’antica presenza dell’acqua (compito assolto da Spirit e Opportunity) e poi avere conferma di un ambiente favorevole alla nascita della vita come ha stabilito Curiosity nel Gale Crater. La scelta del Jezero Crater per lo sbarco è legata alle opportunità favorevoli che dovrebbe offrire. Perseverance si troverà alla foce di un fiume che riversava l’acqua nel cratere creando un lago. 

Il discorso di Mario Draghi al Senato

Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno. Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole.

Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza. Non esiste un prima e un dopo. Siamo consci dell’insegnamento di Cavour:”… le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività.

Nel ringraziare, ancora una volta il presidente della Repubblica per l’onore dell’incarico che mi è stato assegnato, vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia. Ringrazio altresì il mio predecessore Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia.   

Si è discusso molto sulla natura di questo governo. La storia repubblicana ha dispensato una varietà infinita di formule. Nel rispetto che tutti abbiamo per le istituzioni e per il corretto funzionamento di una democrazia rappresentativa, un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell’opposizione, dei cittadini italiani tutti. Questo è lo spirito repubblicano di un governo che nasce in una situazione di emergenza raccogliendo l’alta indicazione del capo dello Stato. 

La crescita di un’economia di un Paese non scaturisce solo da fattori economici. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Gli stessi fattori determinano il progresso di un Paese. 

Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità. 

Nei momenti più difficili della nostra storia, l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioni che fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza. 

Siamo cittadini di un Paese che ci chiede di fare tutto il possibile, senza perdere tempo, senza lesinare anche il più piccolo sforzo, per combattere la pandemia e contrastare la crisi economica. E noi oggi, politici e tecnici che formano questo nuovo esecutivo siamo tutti semplicemente cittadini italiani, onorati di servire il proprio Paese, tutti ugualmente consapevoli del compito che ci è stato affidato. 

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Intervista: Recovery Fund, Pari opportunità, Green new deal e Fondi strutturali europei.

Giochi di potere: lo scacchiere siriano

Parto dalla notizia recente:

Usa, Gb e Francia attaccano la Siria. Trump “Missione compiuta”. Putin: “Atto di aggressione”. Damasco: “Danni limitati”
“Alle 21 di New York (le 3 in Italia) il presidente ha ordinato una serie di attacchi mirati a siti legati ai programmi di guerra chimica. Colpiti un centro di ricerca, un sito di stoccaggio per armi chimiche a Homs e un posto di comando. Evitate le basi utilizzate dai russi. Ci sarebbero tre feriti. Su richiesta della Russia, alle 17 ora italiana convocata la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”
Fonte: “Repubblica” http://www.repubblica.it/esteri/2018/04/14/news/trump_ha_deciso_attacco_alla_siria-193809913

La situazione precipita in Siria.

E’ necessario fare un analisi a ritroso per capire le dinamiche che stanno sconvolgendo il Medio Oriente e in particolare la Siria in quanto epicentro della destabilizzazione geopolitica.

La Russia di Putin è sempre più alla ricerca di protagonismo in un mondo dove l’Occidente è sempre più presente e radicato.

Scontato dire che la “riconquistata” Crimea è stato il punto di esordio di un progetto ben più ampio che ha come fine la riconquista dei vecchi confini sovietici. Crimea che gli garantisce il pieno controllo della base militare sul Mar Nero, fondamentale in un momento in cui l’Unione Europea è in espansione verso est e la Turchia, con Erdogan, fa il doppio gioco.

Altro punto fondamentale nella logica russa è mantenere sotto la sua influenza il territorio siriano che le garantisce lo sbocco sul Mar Mediterraneo; non solo, la Siria rappresenta l’unico alleato russo in Medio Oriente, di conseguenza la sconfitta di Assad rappresenterebbe la perdita di una pedina nell’intricato ma alquanto fruttuoso Oriente.

Esiste un gioco di equilibri, di pesi e contrappesi che si sta riformando seguendo la vecchia logica imperialista.

Gli Stati Uniti in questo gioco ne sono i protagonisti indiscussi. Abbandonata la linea morbida di Obama, la rinascita statunitense fatta di aumento di dazi e intolleranza prende il sopravvento, con un Trump incapace di prendere decisioni, trascinato da scelte militari che avevano già cercato, con scarso successo, in passato di ammaliare Obama.

Francia e Gran Bretagna: ogni loro intervento sottolinea sempre più un’Unione Europea debole, non ancora protagonista nello scenario politico internazionale. Schiava delle forti  logiche nazionali che ripudiano ogni scelta condivisa. Francia e Gran Bretagna, forti di un passato e di una storia che le ha sempre poste sul podio, tra vincitori e mai tra i vinti. Si credono capaci di imporre scelte e di agire per interesse economico quanto invece si rivelano pedine dello stesso braccio americano.  “Intervento in Libia docet!”

Un’Israele timorosa, che vive di accerchiamenti e di attacchi preventivi. Sa bene che la possibile vittoria di Assad, della Russia ma sopratutto del tanto odiato Iran, porterebbe il suo paese ad un ulteriore pericolo. Spinge da tempo, il suo alleato storico, gli Usa ad un intervento militare di terra.

In tutto questo torna alla luce il problema dell’inefficienza  dell’ONU.

Il diritto di veto dei Paesi permanenti del Consiglio di sicurezza mostra tutta l’inutilità dell’ONU. I cinque membri permanenti: Cina, Usa, Francia, Gran Bretagna e Russia hanno il potere e il “diritto” di fare ciò che gli pare a prescindere da tutto e tutti. Come si fa a chiedere un intervento dell’ONU, prima di ogni azione, se i membri permanenti sono proprio i Paesi co- protagonisti delle questioni siriane?

Il quadro è contorto, fatto di allusioni, vecchi protagonismi e nostalgia!

I curdi e la loro indipendenza, l’Isis e  i ribelli siriani! la situazione è complessa, tutta concentrata in un luogo che sta per esplodere.

L’attacco chimico e la guerra hanno sempre e solo una vittima, il popolo, quanto ancora dovrà soffrire per queste logiche di potere?

 

Anna Morrone

 

 

 

Principio di autodeterminazione: l’indipendenza (illegittima) catalana.

Una breve considerazione o meglio precisazione.

Il principio di autodeterminazione, da sempre, è stato ritenuto dalla dottrina come una forma di espressione della libertà di scelta del regime politico, economico e sociale, ma non può disconoscersi come il medesimo vada contemperato con le esigenze di tutela dell’integrità territoriale dello Stato. Un valido motivo ad autodeterminarsi può ritenersi sussistente nelle sole ipotesi in cui un gruppo di identità infrastatuale non abbia accesso a forme di rappresentanza o venga mantenuto escluso dal decision making process all’interno dello Stato di appartenenza. Inoltre si può legittimamente invocare l’autodeterminazione in presenza di gravi violazioni dei diritti dell’uomo. Riguardo l’esistenza di un diritto alla remedial secession si può sostenere come i dubbi maturati dalla dottrina al riguardo siano più che fondati: è la stessa prassi ad aver manifestato come la tutela dell’integrità territoriale sia interesse preminente nella comunità internazionale rimanendo le ipotesi di autodeterminazione circoscritte a pochissimi casi.
Ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, il soggetto titolare del diritto all’autodeterminazione è il popolo come soggetto distinto dallo stato. Ma in nessuna norma giuridica internazionale c’è la definizione di popolo. Questa reticenza concettuale non è dovuta al caso. Gli stati giocano sull’ambiguità, non essendo ancora disposti ad ammettere espressamente che i popoli hanno una propria soggettività giuridica internazionale. Un popolo non può dunque dichiarare unilateralmente la propria autodeterminazione, se lo fa compie un atto illegale. Soprattutto se tale “popolo” vive all’interno di uno stato democratico, senza che questo sia soggetto a condizioni di oppressione ( es.dominazione, colonizzazione, apartheid). La Catalogna non ha diritto ad autodeterminarsi. L’insistenza nel chiedere al governo spagnolo di poter organizzare un referendum sull’indipendenza catalana ( poi svoltosi senza il permesso della Spagna, ovvero illegalmente) avrebbe dato alla Catalogna la “legalità”, a fronte di un esito positivo del medesimo referendum, di poter dichiarare la propria indipendenza, ottenendo così anche il riconoscimento da parte degli altri Stati della Comunità internazionale. 


Puidgemont, incriminato per malversazione ribellione e sedizione fugge in Belgio dove, a quanto pare, gli viene concesso asilo politico. Può un paese dell’Unione Europea che ha dato pieno sostegno alla Spagna concedere asilo politico ad un sovversivo?

 

Anna Morrone

Breve Intervista a Yvan Sagnet: Una storia di lotta e di coraggio.

Venerdì scorso, 29 settembre, grazie ad un iniziativa organizzata dal mio collaboratore Luca Piermartiri,  ho avuto la possibilità di ascoltare una storia fatta di tanto coraggio e di lotta, la storia di Yvan Sagnet che dal Camerun arriva in Italia con la speranza di chi vede nel nostro Paese una luce di riscatto e di crescita.

Yvan che nel 1990 aveva 5 anni scopre l’Italia. È una storia d’amore che parte dal calcio. Yvan è nato Douala, in Camerun, nel 1985 e nel 1990, come molti bambini camerunensi, vive la cavalcata trionfale dei Leoni d’Africa nel mondiale, dalla prima partita con l’Argentina di Maradona fino ai quarti di finale contro l’Inghilterra.

1. Napoli, domenica primo luglio. Ancora oggi chi c’era ricorda i tifosi del Camerun, coloratissimi, sportivi e con l’espressione di chi non poteva credere a ciò che stava accadendo. 

Yvan Sagnet: “il Camerun era la prima squadra africana a raggiungere i quarti di finale in Coppa del Mondo. E a Napoli, dove si svolse la partita, il Camerun era in vantaggio per 2-1 fino a otto minuti dal termine dei tempi regolamentari. Poi il primo rigore all’Inghilterra, i supplementari, il secondo rigore e la sconfitta. Quella partita mi ha cambiato la vita.”

Dal calcio allo studio. Yvan impara l’italiano e con un visto-studio si iscrive all’Università di Torino perché vuole diventare ingegnere. Ma le borse di studio non bastano, così alcuni amici gli dicono che al Sud si può andare a lavorare per la raccolta del pomodoro perché serve manodopera. Così Yvan decide di trasferirsi nelle campagne salentine, a Nardò, dove sa di una masseria che accoglie i braccianti che fanno la stagione, togliendoli dalla strada, dove spesso dormono accampati sotto gli alberi, dentro case di cartone, senza acqua né corrente elettrica. Eppure anche alla Masseria Boncuri, nonostante l’impegno di tante associazioni di volontariato,  la legge dei caporali resta forte. Yvan conosce così il lato più buio e becero di quell’Italia che tanto ammirava ed amava.

Un ragazzo come tanti, Yvan, ma con la tenacia di chi vuole scontrarsi contro un sistema corrotto e schiavista, il sistema del caporalato.

2. Yvan, la tua esperienza è un esempio  per chi non deve mollare mai, anche se si trova difronte ad un sistema, come quello del caporalato, così radicato e difficile da estirpare.  Come è iniziato tutto?

Yvan Sagnet: “Appena arrivati, i caporali requisiscono i documenti ai braccianti e li usano per procurarsi altra mano d’opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i documenti vadano persi è altissimo e quando accade i braccianti diventano schiavi. Le condizioni di lavoro sono agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui molte sotto il sole cocente. Chi sviene non è assistito e se vuole raggiungere l’ospedale deve pagare il trasporto ai caporali. Il guadagno è di appena 3,5 euro a cassone, un cassone è da tre quintali e per riempirlo ci vuole molto tempo, ore. I braccianti in genere strappano le piante alla radice per batterle sulle cassette così che i pomodori cadono tutti. Ma quel giorno il caporale impone un altro metodo. Servono pomodori da vendere ai supermercati per le insalate, quindi devono essere presi e selezionati uno a uno. Si tratta di riempire gli stessi cassoni di sempre, ma selezionare i pomodori significa raddoppiare la fatica. Il caporale impone tutto questo lavoro allo stesso prezzo: Io e gli altri braccianti non abbiamo più niente da perdere, inizia così la rivolta e Masseria Boncuri ne diventerà il simbolo  nella lotta contro il caporalato.”

2. Parliamo ora del Camerun e del  rischio che Boko Haram possa radicarsi. In molti temono che il gruppo terroristico stia piantando solide basi in Camerun.

Yvan Sagnet: “L’epicentro del gruppo terroristico è in Nigeria, ma lo stesso, vuole estendere il suo potere fuori dai suoi confini. La Nigeria ha fatto un errore grave sin dall’inizio, ha pensato di combattere da sola il fenomeno ottenendo così scarsi risultati; solo dopo ha chiesto aiuto all’Unione Africana. Ed ora la situazione non è facile da gestire.  Quello che ha fatto il governo del Camerun non è sufficiente, dovrebbe adottare misure più restrittive per arginare il pericolo di radicalizzazione. Boko Haram  agisce in contesti regionali, cercando in tutti i modi di applicare, nelle sue zone di influenza, la legge della Sharia. Il Camerun, ma come tutti i Paesi africani, proprio per questo dovrebbe attuare un processo di  sensibilizzazione della popolazione per arginare il pericolo.”

3. L’Italia è lasciata sola a gestire il flusso di migranti proveniente da alcuni paesi dall’Africa e sopratutto dalla Siria.  Persone che, tramite i trafficanti di esseri umani, attraversano il mare affrontando viaggi disumani e pericolosi per arrivare sulle coste italiane. L’Italia da sola ha fatto tanto sopratutto con l’operazione Mare Nostrum. Ma questa situazione così delicata ha fatto venir fuori un’Unione Europea così restia all’accoglienza, eppure la stessa dovrebbe avere un ruolo centrale e di primo piano nella risoluzione di questo fenomeno. A cavalcare l’onda in tutto questo sono gli estremisti di destra con il loro “aiutiamoli a casa loro”, quanto fa male questa frase?

Yvan Sagnet: L’Unione Europea non vuole affrontare la sua centralità. La questione migranti è una questione strutturale non di certo emergenziale. Non è sufficiente parlare solo di sicurezza: non basta applicare politiche di respingimento ma bisogna intervenire sulle cause e sugli effetti.  L’Africa chiede una sola cosa: che le multinazionali vadano via dal suo territorio. I paesi africani sono pieni di risorse che arricchiscono solo le multinazionali  impoverendo sempre di più la popolazione; siamo di fronte ad un neo-colonialismo. Serve più sovranità economica e più sovranità politica, solo così l’Africa riuscirà a crescere e a garantire un futuro alle sue generazioni. Altro problema è il debito pubblico: Il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale tengono sotto scacco i Paesi africani; è un debito ingiusto, immorale frutto di un debito  concepito e alimentato dalle strutture delle ex potenze coloniali. I tassi di interesse sono sempre più alti e non è possibile far fronte a tutto questo, è tanto necessario  quanto giusto l’annullamento del debito, solo così sarà possibile ripartire.

  

Anna Morrone

 

Per approfondire:

“Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso” di Yvan Sagnet

“Ghetto Italia. I braccianti stranieri tra caporalato e sfruttamento” di Yvan Sagnet e Leonardo Palmisano.

Yvan Sagnet: https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FYvanSagnet%2Fposts%2F1539607096100421&width=500

La Follia Nord-Coreana : L’evoluzione dal 38° parallelo ad oggi

Sono passati 64 anni dalla fine del Conflitto tra la Corea del Nord e la Corea del Sud che determinò una delle fasi più acute della Guerra fredda, con il rischio di un conflitto globale e il possibile utilizzo di bombe nucleari. I due paesi subirono la sorte più drammatica del processo di decolonizzazione mondiale, difatti dopo la II Guerra mondiale la Corea venne divisa in due Stati: uno comunista al nord e uno filoamericano a sud a conferma delle due zone di influenza delle superpotenze mondiali, Urss e Usa. Il confine tra le due Coree meglio conosciuto come 38° parallelo vide una destabilizzazione poco dopo la sua creazione: nel 1950 la Corea del Nord invase il territorio della Corea del Sud. L’invasione determinò una rapida risposta dell’ONU: gli Stati Uniti, affiancati da altri 17 Paesi, intervennero militarmente nel tentativo di liberare il paese occupato e, alla fine, rovesciare il governo nordcoreano. Ma fu grazie alla partecipazione della Cina a fianco della Corea del Nord che i belligeranti riuscirono a trovare un accordo e a firmare un armistizio nel 1953, armistizio che da quel momento ha mantenuto inalterata la situazione.

Ci furono enormi conseguenze: oltre ai milioni di morti, alla disperazione e agli immensi danni economici, la guerra di Corea spinse gli Stati Uniti a intensificare la propria azione ostile verso i paesi comunisti. Nel 1951 fu firmato il trattato di pace con il Giappone e fu stipulato il Patto di sicurezza nel Pacifico con Australia e Nuova Zelanda, mentre in Europa si iniziò il riarmo della Germania e aiuti economici furono concessi alla Spagna franchista e alla Jugoslavia, in rotta con l’URSS.

Oggi.

Dal giorno dell’armistizio nonostante le continue provocazioni e minacce da parte della Corea del Nord sia alla Corea del Sud che al Giappone, il confine tra i due Paesi non ha visto il sorgere di nuovi conflitti armati.

Ma già con Kim Jong-il, divenuto leader coreano nel 1994 ( padre di Kim Jong –un ),ci fu un aggravamento dei rapporti con gli Stati Uniti con l’inizio del programma nucleare da parte della Corea del Nord; nello stesso anno Corea del Nord e Stati Uniti tentarono un accordo, l’Agreed Framework, in base al quale Pyongyang si sarebbe impegnato a smantellare il suo programma nucleare in cambio di aiuti da Washington nella costruzione di due reattori nucleari. Tuttavia tale accordo ebbe vita breve e nel 2002 Kim lo rigettò affermando che la Corea avrebbe prodotto armi nucleari a causa della presenza dell’esercito statunitense nella penisola sudcoreana e del peggioramento dei rapporti col Presidente George W. Bush. Il 9 ottobre del 2006 l’Agenzia di Stato nordcoreana annunciò il successo di un test nucleare sotterraneo che costò alla Corea del Nord delle sanzioni da parte dell’ONU.

Il 17 dicembre 2011 morì Kim Jong-il e, successivamente all’annuncio della morte del padre (avvenuta due giorni prima), la televisione di Stato nordcoreana presentò Kim Jong-un come il “grande successore”, invitando la nazione a unirsi intorno al nuovo leader, ufficializzando il completamento del cursus honorum con la successione al padre e al nonno. L’11 aprile 2012 la quarta conferenza generale del Partito del Lavoro di Corea lo elesse primo segretario del partito e nominò segretario generale eterno suo padre defunto Kim Jong-il.

Sono circa 9.732,57 i km di distanza tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti che nelle ultime ore e giorni vedono uno scambio di minacce. Il comune denominatore tra i due leader, quello statunitense, Donald Trump, e quello Coreano, Kim Jong-un, è la demagogia. Agitatori di masse, subdoli e ignari del pericolo a cui stanno andando incontro, i due Leader non nascondono il loro disprezzo reciproco.

La guerra, per ora solo fatta di armi retoriche e verbali, con la corsa a chi la spara più grossa vede da giorni la Corea del Nord rispondere puntualmente a ogni minaccia di Trump che poco dopo replica a tono.

Pyongyang fa sapere che per Ferragosto sarà pronta a colpire le acque tra 30 e 40 km dall’isola Usa di Guam, dove sorgono basi navali e quella dei bombardieri strategici americani, dando una dimostrazione di forze agli Usa dopo le minacce del suo Presidente. Il Giappone preoccupato di un possibile conflitto armato sta procedendo allo schieramento dei missili intercettori dopo le minacce nordcoreane. E la Cina? Da sempre difensore del suo alleato nord-coreano, inizia a dimostrare qualche “accenno” di preoccupazione: dapprima difende l’alleato, poi non pone il veto alle sanzioni durante il Consiglio di sicurezza: la Cina è in evidente difficoltà, apparentemente incapace nell’ultimo periodo di gestire il suo alleato ( o meglio il suo paese satellite).

La guerra fredda in realtà non è terminata, è solo sopita; sta ritornando a galla nel momento più debole che la comunità internazionale sta vivendo. Lo stato islamico, la continua destabilizzazione del Medio Oriente, gli attacchi terroristici, l’avanzare di nuove realtà economiche che spostano l’epicentro dell’economia mondiale, l’estrema destra che guadagna terreno in Europa: esiste un fermento militare che dopo tanti anni di pace chiede sfogo, alimentato dall’isteria e dalle continue provocazioni . Il confine tra pace e guerra è talmente labile che il “Si vis pacem, para bellum” sta prendendo sempre più forma.

 

Anna Morrone

La Riforma sanitaria degli Usa: l’Obamacare e il Trumpcare.

 

Alle 23:00 di Lunedì 17 luglio (le 5 del 18 mattina in Italia) il leader della maggioranza McConnel annuncia il ritiro ufficiale del provvedimento perché altri due senatori si sono opposti al Trumpcare. Rimane, quindi, in vigore l’Obamacare. Trump ora deve ripartire da zero.
Ma che differenza c’è tra l’Obamacare e il Trumpcare? In un video pubblicato tempo fa da unosguardosulmondo la risposta.

 

Il video:

Differenza tra l’Obamacare e il Trumpcare

“The First past the post”: il sistema elettorale inglese.

Nel Regno Unito i conservatori conquistano 315 seggi contro i 261 dei laburisti. Il vero vincitore è Jeremy Corbyn che fa acquisire ai laburisti +31 seggi rispetto alle precedenti elezioni. Totale sconfitta dello Ukip che non riesce a conquistare nessun seggio. May e i conservatori, che hanno voluto queste elezioni anticipate per rafforzare la maggioranza dei conservatori in vista del negoziato per l’uscita dall’UE, perdono 12 seggi.

Niente Governo forte per Theresa May, ora i conservatori dovranno trovare una maggioranza per riuscire a formare un Governo.
In riferimento al sistema elettorale inglese cosa sappiamo?

Innanzitutto il sistema elettorale inglese è meglio conosciuto come “First past the post”. Ma come funziona? Lo spiego brevemente…

I deputati vengono eletti attraverso sistema maggioritario uninominale. Il Regno Unito è
diviso in 650 collegi; ogni collegio elegge un solo candidato, quello che ha ottenuto più voti; ogni partito candida una sola persona in ogni collegio.
Gli altri voti non vengono presi in considerazione.
Il Regno Unito è una democrazia parlamentare: significa che gli elettori votano soltanto il candidato del collegio che li rappresenterà direttamente in Parlamento. Il governo è formato dal partito – o dalla coalizione – che ottiene la maggioranza di seggi nella Camera dei Comuni; il leader di questo partito diventa primo ministro “automaticamente”, tanto che in caso di elezione di un nuovo segretario del partito di governo a legislatura in corso, il primo ministro si dimette e la Regina assegna al nuovo segretario l’incarico di formare un nuovo governo.Il sistema di voto FPTP è il secondo più popolare al mondo. Il più famoso è quello del Regno Unito, poi abbiamo anche il congresso degli Stati Uniti e le camere inferiori dell’India e del Canada ed tutt’oggi utilizzato nelle ex-colonie britanniche.
Pro e Contro:Pro FPTP:
– È semplice da capire e quindi non costa molto all’amministrazione.
– è veloce, si viene a sapere subito chi è il vincitore.
– l’elettore esprime chiaramente la sua volontà.
– Tende a formare un sistema più stabile a due parti con maggioranza.
– Incoraggia il centrismo politico.
Contro FPTP:
– con il FPTP si perdono molti voti.
-la scelta del candidato è molto limitata.
– incoraggia i tentativi di frode.
– Un sistema a due parti può risultare uno svantaggio in una società con una cultura multipartitica poiché questo sistema genera una grande distorsione dei risultati elettorali, sia rispetto al majority sia rispetto ai sistemi proporzionali. E’ facilmente intuibile, che se un partito vince in un collegio con il 36% dei voti, il restante 64% sarà rappresentato da voti “persi”, da elettori che non avranno alcuna rappresentanza. Queste distorsioni sono il prezzo da pagare per una maggiore governabilità e per evitare che il sistema partitico si possa frammentare.
Anna Morrone